Fonte :

ocst.ch

Quanti sono i giovani che in Ticino si trovano ai margini del mercato del lavoro? Sono tutti conteggiati tra i disoccupati o si ritrovano anche in altri gruppi della popolazione attiva e/o inattiva? In altre parole, quali forme di carenza di lavoro colpiscono i giovani ticinesi? Come evolvono queste cifre? I giovani disoccupati presentano tratti specifici rispetto ai loro omologhi adulti? L’approfondimento proposto tenta di rispondere a  questi e ad altri quesiti, fornendo una panoramica allargata sul fenomeno della disoccupazione giovanile in Ticino.

Alcuni tratti distintivi
In Svizzera la principale statistica utilizzata  per quantificare la disoccupazione è quella costruita sulla base dei dati amministrativi degli Urc. Secondo questa fonte, nel 2013 in Ticino i disoccupati iscritti sono stati in media 7’261, pari a un tasso del 4,5%, mentre i giovani (fascia tra i 15 e 24 anni) sono stati 997 (13,7% del totale), pari a un tasso del 6,3%. Le cifre illustrano come i giovani siano uno dei segmenti della popolazione più esposti al fenomeno della disoccupazione. Tra il 2002 e il 2013 il tasso di disoccupazione giovanile è stato mediamente maggiore di 2,5 punti percentuali rispetto a quello di altre classi di età. La tendenza è confermata a livello nazionale, ma alle nostre latitudini è più accentuato.
Come risaputo, il rischio di finire in disoccupazione è maggiore quando il livello di formazione è basso. Oggi il rischio è enfatizzato da un mercato del lavoro sempre più esigente in termini di qualifiche richieste. Nel 2013 il tasso di disoccupazione delle persone con un’istruzione primaria era del 6,7% (2’156 persone, il 29,7% di tutti i disoccupati). Tra i giovani, il primato di disoccupati è detenuto da chi possiede una formazione di tipo secondario, con un tasso dell’8,1%. I dati sono però da prendere con le pinze in quanto il limite superiore di età (24 anni) influenza sicuramente la presenza di formazioni terziarie. Vi è per contro una tendenza alla diminuzione dei giovani che si lanciano sul mercato del lavoro con una formazione primaria: si ipotizza che la maggior parte dei casi siano ragazzi che hanno interrotto un apprendistato e sono dunque in attesa di ricominciarne un altro.
Scomponendo i disoccupati rileviamo che nel 2013 un disoccupato su cinque era impiegato nel ramo del commercio al dettaglio e all’ingrosso, uno su dieci in quello delle costruzioni, così come uno su dieci era attivo nei servizi di alloggio e ristorazione. In proporzioni differenti e con un ordine di importanza diverso, si tratta all’incirca degli stessi comparti per i disoccupati over 25.
È importante ricordare che per i dati statistici della disoccupazione in generale, ma in particolar modo quella giovanile molto ha influito la modifica della LADI entrata in vigore il 1. Aprile 2011 e aspramente combattuta dal nostro sindacato. La revisione infatti ha ridotto il numero di indennità giornaliere a un massimo di 200 giorni (9 mesi) per chi ha un periodo contributivo di almeno un anno, e ha ridotto a 4 mesi (90 indennità) per chi non ha un periodo contributivo (spesso studenti) a cui bisogna aggiungere 120 giorni di periodo d’attesa. Ecco che dunque i giovani, avendo un diritto alle indennità particolarmente limitato, spesso non risultano conteggiati nei dati proposti dagli Urc. Basti notare che a gennaio e febbraio 2011 la disoccupazione giovanile ha toccato punte dell’8,1%, dato drasticamente diminuito dopo la nuova legge. Nonostante la revisione della LADI abbiamo comunque raggiunto un picco del 7% a gennaio 2012 e settembre 2013.

Dinamiche stagionali
L’andamento della disoccupazione in Ticino denota una forte influenza stagionale. Normalmente si osserva una diminuzione nella prima metà dell’anno, mentre un aumento nella seconda metà, in concomitanza con la fine della stagione turistica ticinese. Nel nostro Cantone le fluttuazioni stagionali sono maggiori rispetto al resto della Svizzera, al contempo gli effetti congiunturali sembrano essere meno accentuati che nel resto del Paese. In poche parole, la disoccupazione tende ad aumentare meno in Ticino nei periodi di contrazione economica rispetto al resto della nazione. Purtroppo tende anche a diminuire più lentamente nei periodi economici positivi. Tale peculiarità aumenta la difficoltà di reinserimento dei disoccupati.
Le oscillazioni della disoccupazione giovanile sono ovviamente influenzate dal calendario scolastico: si osservano infatti forti aumenti tra luglio e settembre (fine anno scolastico) e diminuzioni tra ottobre e dicembre.
Come detto in precedenza, la riforma della LADI ha influenzato di molto il comportamento dei giovani disoccupati. Dopo il 2011, il numero di giovani che raggiungono la fine del diritto all’indennità è raddoppiato, passando da una media 181 casi l’anno (2004-2010) a una media di 378 (2012-2013). È importante sottolineare che con la fine del diritto all’indennità aumenta notevolmente la probabilità di disiscrizione dei disoccupati dagli Urc, anche se non hanno trovato un impiego. Due mesi dopo la fine del diritto all’indennità, circa un sesto delle persone dichiara di aver trovato lavoro, un terzo di essere rimasta iscritta, mentre oltre la metà di essersi disiscritta per motivi vari senza avere presumibilmente trovato lavoro. Ciò dimostra come il dato amministrativo non tenga conto di una parte del fenomeno della disoccupazione. Infine, rimarchiamo come nel mese di aprile 2011 (nuova legge) si sono osservati complessivamente 2’226 annullamenti di iscrizione agli Urc (729 in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), di cui 433 giovani.

Prime considerazioni
Emergono dunque le prime considerazioni: i giovani sono sempre stati più vulnerabili al fenomeno della disoccupazione rispetto ad altre classi d’età, ciononostante il tasso di disoccupazione giovanile evolve in maniera simile a quello degli adulti. Tra i giovani, i più colpiti dalla disoccupazione sono quelli con un livello di formazione di grado secondario. Inoltre, come già affermato, la dinamica della disoccupazione in Ticino presenta forti stagionalità. L’andamento della disoccupazione giovanile, oltre a palesare tali stagionalità, è influenzato dalle periodicità dettate dal calendario scolastico e dalla transizione tra periodo formativo e inserimento sul mercato del lavoro.
Inoltre l’ultima riforma della LADI sembra aver contribuito ad alterare la frequenza e la periodicità delle disiscrizioni dei giovani, soprattutto per chi esaurisce il diritto all’indennità. Ragion per cui i dati forniti dalla Seco sono in grado di quantificare solo una parte del fenomeno della disoccupazione. I dati amministrativi non includono tutte quelle persone disoccupate che per motivi vari non sono o non rimangono iscritti agli Urc. È il caso per esempio dei giovani disoccupati a fine indennità, che nonostante non abbiano trovato un impiego, sono disincentivati a rimanere iscritti. Per questo motivo, al fine di comprendere meglio il fenomeno della mancanza di lavoro in tutte le forme nelle quali essa si manifesta, è opportuno estendere l’analisi e avvicinarsi al concetto della «carenza di lavoro».

Forme di carenza di lavoro
Secondo la definizione ILO (Organizzazione internazionale del lavoro), i disoccupati complessivi in Ticino nel 2013 erano circa 12’000, pari a un tasso del 7%. Tra questi, i giovani erano circa 3’000, e il rispettivo tasso del 16%. Tali risultati confermano che i dati amministrativi della Seco sottostimano il fenomeno della disoccupazione, e in secondo luogo come la componente giovanile del mercato del lavoro sia quella relativamente più esposta alla disoccupazione. Allargando lo sguardo verso altri gruppi che patiscono di una forma di carenza di lavoro, possiamo focalizzarci su coloro che si dichiarano «sottoccupati». Si tratta di persone impiegate a tempo parziale ma che desidererebbero incrementare il loro grado d’occupazione (non necessariamente fino al tempo pieno). In Ticino sono poco meno di 15’000 le persone che rientrano in tale categoria, e rappresentano il 31% delle persone impiegate a tempo parziale. I giovani sottoccupati sono poco più di 900, e anche in questo caso costituiscono il 30% degli occupati a tempo parziale.
Altre forme di carenza di lavoro possono insinuarsi fra la popolazione che statisticamente è definita inattiva. Ci riferiamo in particolare a chi, pur non cercando attivamente un’occupazione, si dichiara comunque disponibile a entrare (o rientrare) in breve tempo nel mondo del lavoro: i cosiddetti «inattivi prontamente disponibili». In Ticino, sempre nel 2013, erano circa 7’300, di cui 2’000 giovani. Un’analisi più approfondita rivela però che di queste persone solo 4’000, di cui circa un centinaio di giovani, possono essere classificate come inattive disponibili in senso stretto, cioè che non stanno né seguendo una formazione né percependo una rendita.
In estrema sintesi, oltre ai 3’000 giovani disoccupati ai sensi dell’ILO (iscritti e non agli Urc), si possono annoverare circa 900 sottoccupati e 100 inattivi disponibili «in senso stretto». Sono dunque poco più di 4’000 i casi di giovani che in Ticino lamentano una forma, più o meno accentuata, di carenza di lavoro.

Evoluzione dei disoccupati
L’evoluzione del tasso di disoccupazione giovanile ai sensi dell’ILO si discosta, sia in termini di entità sia di dinamica, da quello delle altre classi d’età. La stima centrale del tasso di disoccupazione per la classe d’età 15-24 anni è aumentata, tra il 2010 e il 2013, dall’11% al 16%, con un picco del 18 % registrato nel 2012. Lo stesso tasso, ma calcolato secondo i criteri Seco, si pone a un livello più basso: dopo il picco del 7,5% del 2010, è diminuito nel corso del 2011 per stabilizzarsi al 6,3% nel 2013. Le differenze tra le dinamiche sono in parte spiegabili dalla bassa propensione a iscriversi presso gli Urc. In Ticino, in media tra il 2002 e il 2013, solo il 40% dei giovani disoccupati si dichiara iscritto a un Urc. Una quota di molto inferiore rispetto al 64% segnato dalla classe di età 25-54 anni e al 69% di chi ha più di 55 anni.
In sintesi, i dati amministrativi della Seco, sottostimano il fenomeno della disoccupazione e ciò avviene soprattutto per quanto riguarda i giovani, che palesano una scarna propensione all’iscrizione presso gli Urc. Adottando una definizione di disoccupazione più allargata e non vincolata dal quadro normativo come quella dettata dall’ILO, il tasso di disoccupazione giovanile più che raddoppia, e la sua dinamica ascendente si scolla da quella tracciata dal resto della popolazione. Ciò conferma da un lato che la problematica è più estesa rispetto a quella dipinta dai dati amministrativi, e dall’altro lato che la disoccupazione colpisce (in proporzione alla popolazione attiva della rispettiva classe d’età e non in termini assoluti) più i giovani che gli adulti.

Riflessioni conclusive
La fascia più giovane della popolazione attiva è sempre stata quella più vulnerabile alla disoccupazione. Anche se i giovani, dimostrando una maggior facilità di (re)inserimento sul mercato, rimangono disoccupati per periodi generalmente più brevi rispetto al resto della popolazione, negli ultimi anni questi tempi sembrano essersi dilatati, e parallelamente il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato. L’accresciuta difficoltà nel reinserimento è, almeno in parte, indotta da un mercato del lavoro che diventa sempre più esigente in termini di qualifiche richieste, mettendo sotto pressione il segmento più giovane della popolazione che palesa minor livelli di istruzione e meno anni d’esperienza professionale.
Un’altra peculiarità riscontrata nei giovani è la bassa propensione all’iscrizione agli Urc, ciò che inevitabilmente induce le statistiche ufficiali a sottostimare il fenomeno della disoccupazione giovanile. Questa sottostima sembra essersi accentuata dopo la riforma della LADI di aprile 2011. Questa revisione sembrerebbe aver avuto un effetto deterrente per i giovani disoccupati al momento dell’iscrizione, così come nel restare iscritti agli Urc. Il tempo d’attesa di 120 giorni prima di ricevere un’indennità demotiva l’iscrizione, e il periodo quadro più restrittivo induce i giovani a fine diritto indennità a disiscriversi nonostante non abbiano ancora trovato un’occupazione.
In conclusione, una fetta della disoccupazione giovanile sfugge dagli archivi amministrativi. Diverse sono le considerazioni che questa situazione può suggerire. Da un punto di vista analitico, emerge l’importanza di poter sfruttare e valorizzare le potenzialità e le complementarietà delle differenti fonti di dati. Da un punto di vista operativo, vale invece la pena sottolineare la difficoltà di individuare e quindi supportare con misure dirette o indirette una parte delle persone che si trovano senza impiego, in particolare quelle non iscritte agli Urc.

Fonte: Dati – Statistiche e società; Anno XIV – N. 01 – Maggio 2014; Moreno Brughelli e Oscar Gonzalez.