“Fai un lavoro che ti piace” – una frase sempre più in voga tra specialisti delle risorse umane, ma che è lungi dall’essere qualcosa di semplice da mettere in pratica.
Fino all’adolescenza quest’affermazione ha ancora una certa emprise su di noi, le nostre ambizioni più istintive e intime sono spesso il motore delle nostre azioni. Tuttavia, con il sopraggiungere del confronto con il mondo del lavoro e l’entrata nella società adulta, tutto comincia a vacillare. Nella maggior parte dei casi, ciò che ci piace fare viene accantonato per dare spazio ad altri elementi, come il prestigio di ciò che facciamo, il guadagno, le aspettative che il nostro entourage (molto spesso i nostri genitori) ha su di noi.
In questo momento di transizione, capita sovente di smarrirsi e di non riuscire più ad individuare chi siamo e cosa vogliamo veramente.
Non abbiamo una sufficiente consapevolezza di noi stessi per renderci conto che quanto affermato dagli altri, è unicamente il riflesso di un costrutto sociale temporaneo, destinato a cambiare. Se per esempio un tempo una laurea era sinonimo di occupazione garantita, oggi sembra più redditizio avere una formazione professionale in termini occupazionali: i tempi cambiano e con loro le esigenze del mercato del lavoro.
Il filosofo di origine svizzera Alain de Botton, parlando delle diverse concezioni di “successo”, ha esposto la questione in maniera molto chiara durante un Ted Talk:
“[…] un altro aspetto riguardo alla vita di successo, è che molte volte le nostre idee su cosa voglia dire avere successo non sono le nostre. Le assorbiamo da altre persone. Specialmente, se sei uomo, da tuo padre, e se sei donna, da tua madre. La psicoanalisi ha ribadito più volte questo messaggio per circa 80 anni – ma nessuno sembra prestarvi abbastanza ascolto […]. Inoltre, assorbiamo messaggi da tutto, dalla televisione, dalla pubblicità, dal marketing, ecc. Sono forze immensamente potenti che definiscono ciò che desideriamo e come ci vediamo: ci viene detto che quella del bancario è una professione molto rispettabile, e molti di noi vorrebbero lavorare nel settore bancario. Quando essere bancario non è più tanto rispettabile, perdiamo interesse. Siamo molto aperti alla suggestione. È importante avere degli obiettivi e delle idee di successo, ma dobbiamo essere certi che siano davvero le nostre. Dovremmo concentrarci di più su di noi e assicurarci di essere i veri autori delle nostre ambizioni, perché è già abbastanza brutto non ottenere ciò che si vuole, ma è ancora peggio scoprire di avere realizzato il sogno e le ambizioni di qualcun’altro.[…]”.